Il robot ha tutte le virtù ma per fortuna c’è anche il punk

Francesco Alberoni in Corriere della Sera, 4 giugno 1982, p. 3
(recensione a Manlio Sgalambro, La morte del sole)

Controluce

La società moderna trasforma le virtù in prestazioni, gli ideali in servizi. Lo aveva già notato Adam Smith quando elogiava gli effetti della divisione del lavoro. Durkheim diceva che la solidarietà sociale, nel mondo moderno, non è tanto dovuta a ideali diffusi quanto alla Integrazione fra i ruoli. Chi è ammalato non ha più bisogno di compassione, ma di un buon medico. Chi è disoccupato non ha bisogno dl carità, ma di un sindacato efficiente. Funzionari, medici, venditori, consulenti, terapeuti sono a nostra disposizione per identificare i nostri problemi e soddisfare i nostri bisogni. Manlio Sgalambro in un suo libro pessimista e bello (La morte del sole ed. Adelphi) osserva con stupore che la civiltà, al suo compimento, ha realizzato tutti i valori un tempo sognati, ma sotto forma di cose. «L’uomo al di qua dello sportello e quello al di là si intendono benissimo, sebbene non si incontrino mai». I valori e i sogni dell’umanità nell’età della tecnica si realizzano perciò solo considerando gli uomini non fini, ma mezzi.
È vero. Nell’organizzazione ciascuno si fa strumento, mezzo per una attività che soddisfa il bisogno di qualcun altro. Questa soddisfazione non dipende dalle sue intenzioni, dalla sua buona volontà, ma dal suo diventare parte della organizzazione, perfetto ingranaggio della macchina. Ogni organizzazione chiede agli uomini di trasformarsi in funzioni. Il passo ulteriore non può più essere fatto con esseri umani. Nel momento stesso in cui, in una organizzazione, la divisione del lavoro è spinta al massimo e gli uomini si muovono come ingranaggi, allora essi possono essere sostituiti con delle macchine. Il lavoro alla catena di montaggio è stato razionalizzato, diviso, organizzato al punto tale da poter eliminare gli stessi uomini sostituendoli con robot.

Lo sviluppo della civiltà, già prima dell’età industriale, anticipava quanto oggi vediamo in modo manifesto. Nelle navi i rematori che si muovevano all’unisono e con cadenza organizzata costituivano un motore vivente. L’organizzazione ha sempre prefigurato la sostituzione degli uomini con mezzi inanimati. Le virtù fondamentali dell’organizzazione – ubbidienza, precisione, pazienza, infaticabilità – sono realizzate alla perfezione dalla materia inerte. Ma anche virtù più elevate come in parzialità, la gentilezza, la sollecitudine, l’imperturbabilità trovano il loro compimento solo nell’elettronica. Solo un calcolatore alla precisione sufficiente per dare sicurezza ad una centrale nucleare e, nello stesso tempo, la pazienza che basta per trovare un posto su un aereo in un albergo ad un cliente insofferente. La fantascienza immaginato robot perfetti. Medici, funzionari, amministratori sempre gentile, solleciti, disinteressati.
Le virtù, ideali, le qualità più sublimi si realizzano perciò nelle organizzazioni, nelle prestazioni professionali, superando i capricci, le debolezze, le imperfezioni degli esseri umani. La tappa successiva è loro trasferimento nei computers, nei robot. È difficile immaginare un santo senza alcun difetto; impossibile immaginare un santo senza alcuna tentazione. Possiamo invece facilmente immaginare un robot con tutte le virtù di S. Francesco e, in più, con una capacità organizzativa ed una lungimiranza che il Santo non aveva. D’altra parte possiamo altrettanto bene immaginare un distruttore spietato che incarta, anche qui alla perfezione, ogni nostra volontà omicida. Le armi moderne sono la prima materializzazione di questa nuova versione del demonio.

Un tempo di uomini avevano distinto la natura empirica, profana e la sovrannatura, divina o demoniaca. Oggi la tecnica produce una differenziazione analoga. Santi o demoni, le entità create dalla tecnica sono più perfette di noi.
Quanto abbiamo descritto è mostruoso, contrario alla vita? È questa la decadenza, il preludio all’apocalisse? Può darsi. Nessuno può sapere. Io personalmente però ritengo che questa sia una modalità con cui procede oggi la vita, l’evoluzione. Dentro la specie «homo sapiens» vi è il sogno di qualcosa da diventare o da raggiungere. La nostra specie non è un punto di arrivo, ma una forza in movimento. È insoddisfatta di sé, è serata da un desiderio di assoluto, è spinta avanti da una gratitudine sotterranea e rinascente. Nel passato ha popolato il mondo di demoni e di dei. Poi di organizzazioni, di manufatti. Ma è sempre all’opera l’evoluzione. Nelle macchine, negli occhi, negli orecchi, nei cervelli elettronici in cui abbiamo impresso i nostri ideali e le nostre norme morali o immorali. Dalla cellula primordiale, ai primi organismi invertebrati, ai cordati su su fino all’uomo, è continuata l’evoluzione verso il complesso. Poi la complessificazione è proseguita con le società umane, con le grandi organizzazioni, oggi con la tecnica.
Ma anche questa tappa dello sviluppo è provvisoria. Come lo sappiamo? Interrogandoci. È vero, noi abbiamo messo tutte le nostre virtù nelle organizzazioni, nei servizi e nei manufatti. Ma il nostro desiderio di virtù non è diminuito. Ogni prodotto è benvenuto, ma la spinta vitale e morale non si esaurisce in esso. Quando un commesso sorridente o un moderno computer ci danno ciò che desideriamo siamo contenti. Ma non è questa la verità della vita. Il bisogno di amicizia e di amore non si soddisfano in questo modo. I sentimenti profondi chiedono altro. La spinta incessante della vita produce la tecnica, ma la trascende continuamente. Noi siamo sempre di qua e di là. La nostra inquietudine, perciò, si fa beffe dell’ultima incarnazione tecnica della morale. Accanto al computer c’è il «punk».

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