Etica senza verità

Manlio Sgalambro in Cronache Parlamentari Siciliane, X, n. 4, aprile 1993, p. 25

Intellettuali e politica. Il pensiero politico si basa sul presupposto che non ci sia alcun concetto di verità, perché esso è essenzialmente progettuale.

Il potere su cui intendo soffermarmi è il potere spirituale o su quanto altri definirebbero il potere del discorso coerente. Una volta ciò si chiamò anche – ma sembrano tempi così distanti e così selvaggi – il potere della verità, riconoscendosi infatti a quest’ultima una forza che in ogni caso sarebbe stata vittoriosa.
Il suo tempo fu poi definito oscuro. Lotte sanguinose si svolsero infatti, anche se indirettamente, attorno a questo concetto – altro non furono infatti le guerre di religione -.
Le successive conquiste della tolleranza, la stessa «libertà di pensiero», salutate come l’alba della modernità, segnarono l’uscita da questo «oscurantismo». Ma la libertà di pensiero risultò una beffa mostruosa giuocata al concetto della verità e in ultimo allo stesso pensiero. Perché in realtà la cosa si presenta così: aut-aut. O il concetto della verità, che se ne infischia della libertà, oppure la libertà e la verità scompare. Da allora ciascuno di noi ha sacrificato al potere politico, chiamato a gestire il potere della libertà, il concetto di verità ma non raramente anche ciò per cui si affidò potere politico, la libertà stessa.
Oso pensare che si possa dare nuovamente un potere spirituale e fantasticare che esso abbia un braccio secolare. Che non sia lasciato quindi solo agli argomenti, alla persuasione, insomma a quello che a suo tempo ne determinò la sconfitta. Certo un potere spirituale trionfante ci rende perplessi. Gli innumerevoli esempi che abbiamo davanti ci indicano tutti la triste fine che esso incontra quando affida al secolare la custodia dei suoi beni. Bisogna in effetti che il potere spirituale sia sempre vicino a perire. Ma non è ciò che avviene sempre? Non è questo, ad esempio, il contrassegno della modernità? «I poteri nelle nostre società sviluppate – scrive uno studioso – dispongono di procedure abbastanza sottili e minuziose per tenere sotto controllo tutte le reti sociali: sono i sistemi amministrativi e “panottici” della polizia, della scuola, del servizio sanitario, della sicurezza, ecc. Ma essi vanno perdendo lentamente ogni credibilità. Hanno più potere e meno autorità» (Michel de Certau, L’invention du quotidien. Arts de faire, Paris 1980, cit., in Zygmunt Bauman, La decadenza degli intellettuali, Torino 1992, p. 143).
Questo è già capitato per gli argomenti, le dimostrazioni, le deduzioni e insomma tutti quei sillogismi e certezze, con cui si sostenne un tempo il potere spirituale. Ci fu un tempo infatti in cui una dimostrazione dell’esistenza di Dio era valida per tutti. Oggi la filosofia, ad esempio, assume le forme della civile conversione: è la sua massima aspirazione. Mentre Parmenide si esprimeva riguardo al suo argomento principale: «io ti comando che l’essere è e che il non essere non è», il filosofo odierno conversa urbanamente. «Io ritengo che ci sia Dio, tu no?», egli dice con un sorriso accattivante.
Il presupposto che non ci sia più alcun concetto di verità è ciò su cui si basa il pensiero politico, pensiero essenzialmente progettuale. Ultimamente un «etico» ha scritto: «Tra i concetti più ingannevoli e ambigui di tutta la storia del pensiero filosofico ha ormai i colori del tramonto quello della “verità”. Esso ha per secoli ispirato la filosofia e l’ha indotta a cercare principi universali e fondamenti certi; oggi, dopo tanto affanno, più nessuno cerca la verità, perché i dogmatici già la posseggono… mentre gli altri vengono spesso sbrigativamente giudicati scettici. Siamo in tempi di etica senza verità», (Giancarlo Lunati, Etica e progettualità, Torino 1992, p. 81).
Noi crediamo di avere già detto che la politica presuppone l’assenza di verità. O, in altri termini, se ci fosse verità non ci sarebbe politica. Ecco dunque perché potere spirituale e potere politico non possono mai incontrarsi. O quanto meno non possono incontrarsi pacificamente. Quanto sopra abbiamo riportato sui poteri nelle società sviluppate, «poteri» che avrebbero sempre meno credibilità sempre più autorità, ci porta un rapido raffronto con i poteri che abbiamo chiamato «spirituali». La loro situazione è sotto gli occhi di tutti: essi non hanno né potere né autorità.
Un «opinionista» di un buon giornale ha certamente più credibilità e più autorità di un buon filosofo. E spesso quest’ultimo si deve trasformare un «opinionista» per avere ciò che gli toccherebbe in quanto filosofo. Il potere politico garantisce la libertà di pensare: ma di pensare che? Senza più concetto di verità il pensiero non ha più alcun significato. È questo pensiero senza più alcun significato che il potere politico assicura e garantisce.

Nessuno cerca più la verità, perché i dogmatici già la posseggono, mentre gli altri vengono spesso sbrigativamente giudicati scettici… Un opinionista di un buon giornale ha certamente più credito e autorità di un buon filosofo.

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