Manlio Sgalambro in Cronache Parlamentari Siciliane, XI, n. 4, aprile 1994, p. 23
Intellettuali e politica. Ritenere che compito della politica sia promuovere la società non ha senso. Oggi la politica è chiamata a salvarci la vita. Ed è qui che scoppia il conflitto con la filosofia
«Ricordiamoci di una sentenza italiana: l’umanità, nel passaggio dal feudalesimo all’assolutismo, aveva bisogno della polvere da sparo e subito essa apparve. Forse che anche i mezzi moderni di annientamento sono apparsi perché l’umanità moderna ne aveva bisogno?» (Carl Schmitt, Il Nomos della terra, trad. it. Milano 1991, p. 431). Alla domanda non segue quella risposta che si merita. L’umanità avrebbe bisogno di un’arma per punire radicalmente che turba ingiustamente la pace, risponde Schmitt.
Nell’atto che rinasce il concetto di guerra giusta essa evoca le armi adatte. In realtà i mezzi di annientamento di massa corrispondono al progetto di autoannientamento consolidatosi nell’età del grande pessimismo. Ma ciò non si può nemmeno vedere senza una Geschichtsphilosophie all’altezza dell’epoca e una filosofia della politica adeguata. La politica ora non è altro che lo strumento più idoneo a contrastare una decisione che appartiene a zone dell’anima dove essa tuttavia è totalmente ininfluente. In ogni caso ritenere che compito della politica sia di promuovere la società giusta fa solo ridere. Oggi la politica è chiamata, come una volta, a «salvarci» la vita. È qui che scoppia il conflitto tra politica e filosofia quando quest’ultima ritorna alla sua essenza. Qui la politica si riunisce per intanto alla sua essenza pessimistica anche se nel senso deteriore. Solo considerandoci deboli e miseri, incapaci di autogovernarci e decidere, si può pensare la politica – quella in cui l’origine metafisica non è del tutto rinnegata – come l’unica via di scampo. Ma qui si vede l’abisso tra una politica concepita come strumento di miglioramento delle condizioni dell’uomo e la politica come estrema «salvezza». Qui agisce, nello stesso tempo, la sentenza contenuta nell’essenza stessa della filosofia che conduce, nel pensiero, all’autoannientamento e fa pace con la scienza che ne fornisce i mezzi. (Il progetto della scienza è la distruzione del mondo che essa dissimula a malapena e il rimpianto del «nulla» che non dissimula affatto).
Con la radiazione del problema del valore dai problemi di rango della filosofia, quello dell’essere sembra trionfare definitivamente. La funzione estrema della filosofia, di valutazione del mondo, non viene solo negletta ma derisa. In realtà ciò cela due fatti: la domanda sul valore che tende a investire la totalità e la trasvalutazione che ne è la conseguenza. Siamo ormai ad un passo da una domanda totale sul valore, siamo a un passo dalla trasvalutazione totale. Il ripiegamento della filosofia sull’essere è solo un arresto temporaneo. Ma la nuova visione del valore non elimina l’essere per installarsi al suo posto. Bensì si dirige ad esso per «valutarlo».
In tutto questo qual è la parte della filosofia? Quale quella della politica? Nell’anima della filosofia, nella sua aurora e nel periodo della fine, il mondo è condannato. Esso porta in sé il giudizio con cui si contrappose al mondo fin dal suo sorgere o ne parlò come di qualcosa che non avrebbe dovuto essere. Il suo, dunque, non fu un discorso sul nulla, ma proprio su qualcosa che non avrebbe dovuto essere e che essa tenne sempre, nei suoi grandi momenti, ben presente. È ad essa che si contrappone la politica, ove si prenda nel grande senso che questa ha al suo interno.
È la politica (quella che non ha reciso, almeno del tutto, il suo servaggio alla metafisica) che si pone a salvaguardia dell’essere. È di essa il vero discorso sull’essere (anche se questo assume al suo interno il nome avvilente di «società»). Una politica elementare intesa a salvare la vita (non a migliorarla: terribile idiozia) e una filosofia che nell’eterno ritorno alla sua essenza torna ogni volta al pensiero dell’annullamento (Non del “nulla”, altra sciocchezza).
I mezzi di annientamento di massa corrispondono al ritorno del valore. La furia del valore che s’abbatte sull’essere. La politica nel suo senso elementare, tra parentesi l’unico valido, ritorna ad essere un mezzo per «salvarci» la vita. L’«impossibile» mediazione tra «essere» e «valore».
Tra essere e valore non è possibile mediare. I mezzi di annientamento di massa corrispondono al ritorno del valore. La furia del valore si abbatte sull’essere. La politica perciò può salvarci…