Manlio Sgalambro in Cronache Parlamentari Siciliane, XI, n. 8, agosto 1994, p. 24
Intellettuali e politica. Senza il principio di tolleranza la democrazia non potrebbe accettare la filosofia. Questa è tollerata dalla democrazia se tutte le filosofie sono uguali
L’attuale fase democratica della filosofia sta conducendola alla fossa. Non alla sublimità della fine con cui essa ha tante volte civettato. Il principio di tolleranza applicato la filosofia fa scomparire il concetto di verità che suppone che essa sia unica ed eterna. Ma questo concetto sarebbe esiziale per la democrazia come la democrazia è esiziale per il concetto di verità. Le filosofia, di conseguenza, diventano leggere.
Filosoficamente parlando bisogna fermarsi alla superficie, raccomanda Rawls. Rorty allarga l’aria del finalismo. Fanatico è qualsiasi filosofo che ha una visione del mondo. Insomma qualsiasi filosofo che persegue la verità. Mentre il filosofo «leggero» pone la politica prima di tutto e confeziona una filosofia su misura (La priorità della democrazia sulla filosofia, in Richard Rorty, Scritti filosofici, I, Laterza, 1994, p. 241). «Ciò che giustifica una concezione della giustizia non è il suo essere conforme a un ordine antecedente a noi, e che ci viene dato, ma la sua congruenza con la nostra più profonda comprensione di noi stessi e delle nostre aspirazioni e con la nostra presa di coscienza che, data la nostra storia e date le tradizioni radicate nella nostra vita pubblica, questa è la dottrina più ragionevole per noi», scrive Rawls. Ma con ciò non andiamo oltre la nostra etnia. E può andare bene sia a un cittadino della Germania degli anni trenta che a un cittadino bosniaco di oggi.
In realtà il rischio della filosofia è la sfida dell’universale. Qualcosa che vale per tutti e necessariamente. Questa è la sua intenzione, questa la sua vita e la sua morte. E ciò vale, s’intende, anche per l’adepto. Per chi non fa un passo senza la filosofia e non stacca gli occhi dalla sua guida. Certamente, verità e giustizia intese universalmente sono «astratte» agli occhi della politica. Ma la stessa idea di uomo cos’è? E senza l’idea di uomo cos’è l’uomo? Senza la filosofia, cos’è la politica? Ma sta qui il pericolo rappresentato dalla filosofia per la democrazia. Dobbiamo convenirne senza il principio di tolleranza filosofica la democrazia non potrebbe accettare la filosofia. La filosofia è tollerata dalla democrazia se tutte le filosofie sono uguali. Se cioè non esiste una filosofia più vera di un’altra, In altre parole se non ci sono più delle filosofie ma delle politiche. Il rispetto per gli uguali diritti, richiesto dalla società, pone la filosofia in una situazione comica. Tutte le filosofie sono uguali; già la cosa farebbe ridere se non ne segnasse la morte ingloriosa. La stessa storia della filosofia, a quel che si dice l’ultima «specialità» attendibile in materia, nell’epoca in cui la filosofia non vale più niente, non ha ragione di essere. Al massimo si collezioneranno filosofie come nel secolo scorso si collezionavano, poniamo, Fragonard.
Questioni delicate nascono dunque per la filosofia non meno che per la politica. I mutamenti costituzionali e la verità presentano due tavole di valori. La visione politicistica fa dipendere i moti dell’anima dai suoi moti. E il benessere dell’anima dipenderebbe da uno o da un altro governo.
Di un uomo senza partito si dubita come di un arnese da forca. Un uomo senza verità viene considerato un galantuomo e a chi dice di averne una, dopo le risate, non ci si scorda di ricordargli minacciosi che un tempo per simili bestie c’era il fuoco.
Quanto ai filosofi odierni essi sono solo dei politici: dipendono dallo Stato e dalla opinione pubblica. E il loro pensiero non fa che esprimere le beghe del demos. Bisogna scegliere tra la polis e la filosofia.
I mutamenti costituzionali e la verità presentano due tavole di valori. La visione politicistica fa dipendere i moti dell’anima dai suoi moti. Di un uomo senza partito si dubita come di un arnese da forca.