in Franco Battiato, Strani giorni, 1996
(testo di Manlio Sgalambro, musica di Franco Battiato)
Vivo alla fine dell’Impero Romano
in un giardino di ciliegie
che sprizzano il loro succo
sulla mia faccia slavata.
Perfido Stilicone, barbaro multiforme,
i monaci cantano il Vespro nel tempio di Giove.
Decline and fall.
Dolce sole di Emesa, Eliogabalo imperatore
celebrava pietanze invece di battaglie,
confondeva l’ordine delle stagioni
faceva ministri mimi e ballerini…
bolide solare vaga per i mari come putrida barca l’Impero.
Haveil, Havalim: tutto è vanità,
come in un gioco di bambini.
Svicolo per viuzze piene di profumi e unguenti
mentre leggo “L’Anatomia dell’Urina” di James Hart
assieme al Vangelo secondo S. Matteo.
Mi beo di sulfuree intese con pianeti e
in un istante attraverso l’orbita celeste.
Odo un canto all’orizzonte, m’assottiglio,
sono spirito puro, sono fiore, tigre, mi risveglio.
Muffe, odori eziologici per mondi alla fine
purificati da lirici antropoidi:
qui a tre passi la decadenza avanza.
Chiunque tu sia, ti prego, rispondi:
ci sono ancora altre aurore?
Dona, abbi pietà, abbi misura.