Una nota

Manlio Sgalambro in Franco Battiato, In fondo sono contento di aver fatto la mia conoscenza, Bompiani, 2007, pp. 87-90

L’immagine filmica fa parte di questa epoca sconvolta e miserabile. In altri tempi con le immagini si crearono Miti, in altri ancora (già decaduti) Religioni. Il film è ciò che resta dopo che l’essere se n’è andato e l’apparenza aumenta. Noi viviamo di resti. Ma ciò che significa? Non accarezzammo un giorno il torso di una statua corrosa dal tempo come oggi la silhouette di una immagine? Waterloo fu forse un’allucinazione di Napoleone e di Wellington? Di chi la combatté? Esiste una battaglia di Borodino? Anche Tolstoj ne dubitò. Ma un film può anche indicarne i contorni ed esibire la faccia di un eroe morente (che non fu dato vedere se non a un dio), l’elsa di una spada spezzata, il pastrano inzuppato di sangue di un vecchio sergente della guardia steso lungo il ciglio della strada. Oggi l’immagine si trascina stancamente per le strade delle città mondiali o si introduce nelle nostre case e lo spettatore guarda senza sapere infine cosa guarda. Il tentativo di Battiato non è di guardare queste stanche immagini ma attraverso esse, le Idee.

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