Prefazione – Fermo immagine

Manlio Sgalambro in Ghesia Bellavia, Fermo immagine, Il Garufi, 2014

Avviene questo. Qui non ci sono parole. C’è scrittura. Soprattutto non c’è narrazione. Cosa ritornata “insopportabile”. Ma una scrittura senza fine. Non c’è “pensiero”, cosa che solletica il narratore di tradizione. Ha una conclusione, certamente, ma per ragioni volgari, per ragioni pratiche. Qui dunque non ci sono ‘eroi’. In Les Gommes Alain Robbe-Grillet descrisse uno spicchio di pomodoro. Anche nel nostro autore l’ottica sostituisce il pensiero. Le intermittenze, lo spazio. Come scrisse Roland Barthes a proposito del Nouveau Roman (facciamo voti che esso ritorni) «è tempo finalmente di dare agli oggetti un privilegio narrativo finora accordato ai soli rapporti umani». Ne Le degré zéro de l’écriture, ancora Roland Barthes riesce a dirci le ultime parole di una letteratura possibile: «La Letteratura è come il fosforo: brilla di più nel momento in cui tenta di morire».

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