Regressione suicida. Dell’abbandono disperato di Emil Cioran e Manlio Sgalambro

Salvatore Massimo Fazio, Bonfirraro, 2016

Questo libro, chiude la tetralogia della nuova tesi filosofica del nichilismo cognitivo, di cui Salvatore Massimo Fazio è fondatore. Una totale sconfitta ricavata dalla perdita di qualsivoglia valore. Una resa che nel paradosso faziano punta ad umiliare i guitti, che nel teatro della politica sociale sono riusciti ad ingannare qualunque padre di famiglia, facendosi garantire il voto di fedeltà per poi, ottenuti i propri successi, si sono rivoltati come disconoscitori della società.
Partendo dalla sineité in Cioran e procedendo col terrore in Sgalambro, nelle pagine di questo libro, si effettua una seduta chirurgica, volta a sezionare la stupidità dell’uomo per ricompattarla, trasformandola in un’unica azione possibile: regredire nel concetto di suicidio.
Si intenda bene, un suicidio che è una retroazione sino ad arrivare al momento della venuta al mondo, ripartendo con l’esperienza del ricordo, rammemorazione, per poi agire senza più altre riflessioni e scandalose umiliazioni subite: “puntare alla coscienza, risvegliarla e spedire al diavolo chi osa governarci e insultarci”.
Un omaggio, quello più alto, con il quale Fazio – partendo dal lirista Cioran e dell’empio (credente, per poterlo esserlo) Sgalambro – senza alcuna tensione e non anarchicamente, rigetta il mondo: il luogo migliore per inetti e peggiori.

Può il terrore essere fonte salvifica contro le università?
E può la sineité, assenza o nulla intraducibile,
far riprendere quota all’uomo che ha perso tutte le speranze?

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