I nuovi crociati

Manlio Sgalambro in Cronache Parlamentari Siciliane, XI, n. 10, ottobre 1994, p. 15

Intellettuali e politica. La rinascita dell’integralismo rappresenta il tentativo di rimettere nelle mani delle chiese il concetto di verità tramontato dopo la pace di Westfalia del 1648

Con i trattati di Westfalia (1648) si pose fine alle guerre di religione. Tramontava con esse il concetto di verità a carattere universale. Dopo di allora il concetto di verità diventa un concetto per tecnici, logici o filosofi per lo più, che devono accertare la correttezza di un giudizio, la sua adeguazione alla realtà. Il concetto di verità, cioè, perde tutte le sue caratteristiche viventi.

Le stesse religioni, ovviamente, subiscono gli effetti della caduta di questo concetto. Si insinua in esse un elemento pragmatico che se le aveva notevolmente compromesse nel corso della loro storia non aveva mai deciso, come ora avviene, della loro stessa vita. Le diverse confessioni cristiane, che si erano combattute in nome della loro verità, fanno ora le fusa in nome della sopravvivenza. Salvare la vita è il grido ascoltato della politica che indica lo Stato come luogo di questa salvezza. La politica subentra così alla religione e prende in mano la questione della salvezza della vita. Al posto della verità subentra ciò che è utile alla conservazione di essa.
La rinascita odierna degli «integralismi» religiosi, quanto meno europei, è il tentativo di risollevarsi dal colpo subito dalla pace religiosa. Essi mirano alla restitutioad integrum della religione. L’integralismo vuole restituire la religione europea alla condizione antecedente la pace di Vestfalia. In altre parole vuole trarla fuori dalla sudditanza alla politica e riprendere in mano il problema della salvezza.
Se per rinascita della religione si intende dunque qualcosa di dolciastro e per spiriti deboli in cui si effonde una squisita interiorità, ci si sbaglia totalmente. Questo ritorno, semmai, avrà le rudi caratteristiche che caratterizzarono la religione nell’età del suo dominio. Il malcapitato che cercasse in essa pace e suffumigi per l’anima ammalata avrebbe certamente sbagliato indirizzo. Lo spetterebbe non la «noche» mistica ma la notte di San Bartolomeo. Religioni del genere si battono e non il petto. Esse individuano nell’altro, nell’infedele, il nemico e lo trattano di conseguenza.
Ritornerebbe dunque il problema della salvezza dell’anima di fronte al quale il problema della vita, nel senso della politica, avrebbe un rilievo inferiore. Salvatori dell’anima e non politici, coloro che prenderebbero in mano la questione non avrebbero il minimo dubbio – il guanciale di Montaigne per una testa ben fatta – e di nuovo il concetto di verità, nel suo senso eterno e universalistico, tornerebbe a dominare tra lutti e sangue.
Tuttavia battersi per la verità così intesa rientra tra quegli atti che decidono se l’umanità è solo una specie zoologica o altro. In realtà, dopo Rousseau, il ritorno tra gli animali della specie umana, ritorno che in lui aveva avuto il suo teorico, non ha avuto soste. Ciò che si chiamò «umanità», nel senso di una «essenza» del tutto particolare e irriducibile, tendeva a confondersi genericamente con la «vita, in una specie di pappa in cui tutto ciò che era vivente doveva riconoscersi. Dalle rape alle lumache.
Ma l’integralismo religioso è inevitabilmente cieco. Ciò che fa luce in esso, con mito il disprezzo che l’integralismo ne ha, è il concetto di verità. È questo concetto che fa dell’umanità una specie diversa. Esso la toglie dalla pappa universale della «vita» e la pone in quella posizione in cui può giudicare, in base al vero e al falso, persino la vita stessa.

Ritornerebbe dunque il problema della salvezza dell’anima di fronte al quale il problema della vita, nel senso della politica, avrebbe un rilievo inferiore. Salvatori dell’anima e non politici, coloro che prenderebbero in mano la questione non avrebbero il minimo dubbio e di nuovo il concetto di verità, nel suo senso eterno e universalistico, tornerebbe a dominare tra lutti e sangue.

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